Euroteatri

EuroTeatri

Dopo la nascita dell’Unione Europea è diventato sempre più necessario per ogni Stato membro trovare un punto di contatto, un canale privilegiato di comunicazione con culture, usanze e abitudini diverse e alle volte distanti dalle proprie.

E quale strumento meglio del teatro può promuovere la conoscenza tra culture e stabilire relazioni durature?

Questa necessità ha iniziato a diventare sempre più importante partire dalla fine degli anni ’90, e si può dire che ad oggi abbia fatto alcuni passi avanti. Anche in Italia si è cercato il modo per far conoscere le proprie compagnie all’estero, sebbene i risultati siano in certi casi ancora contraddittori.

La prima e più importante problematica con cui si scontra chi in Italia pianifica una tournée all’estero è rappresentata spesso dall’inefficacia dei finanziamenti pubblici, che dovrebbero facilitare le compagnie anche dal punto di vista promozionale.

Ciononostante, non mancano esempi di compagnie che siano riuscite ad affermarsi in un contesto internazionale. In particolare, alcune delle realtà che sono riuscite ad affermare la propria presenza nell’ambito dei festival internazionali sono la Socìetas Raffaello Sanzio e Motus.

Un altro fenomeno che ha permesso lo sviluppo del teatro a livello internazionale in Europa sono state le reti culturali.

Nate a partire dagli anni ’80 sull’onda dei progressi della comunicazione di massa, queste reti ibride hanno permesso a gruppi teatrali di costituirsi in organizzazioni, anche se non sempre centralizzate, con problematiche comuni e, nella maggior parte dei casi, legate ad uno stesso territorio. Queste reti sono perlopiù informali e in costante evoluzione, e le loro fondamenta si appoggiano su strutture poco complesse e solo leggermente burocratizzate.

Tuttavia, i risultati migliori a cui ha portato l’europeizzazione del teatro sono a mio parere due network europei per il teatro: l’Unione dei Teatri d’Europa e la Convenzione Teatrale Europea.

L’Unione dei Teatri d’Europa nasce circa 30 anni fa, quando alcuni teatri in Italia, Francia e Spagna decidono di unirsi nella prima unione di questo tipo, “Teatri d’Europa”. È poi solo nel 1990, grazie alla stretta cooperazione di Giorgio Strehler e Jack Lang, Ministro della Cultura del governo Mitterand, che nasce l’attuale Unione. All’origine nata come promotrice di festival, l’Unione è ora costituita su basi più solide, che vedono convivere l’impegno culturale e quello politico-sociale, e che ha portato anche allo sviluppo di progetti come “Conflict Zones”, “TERRORisms”, “1914-2018”. Attualmente l’Unione conta più di 40 membri (43 per la precisione) provenienti da 17 stati europei ed extra europei (ne fanno parte anche teatri russi e israeliani). Nello specifico, questo gruppo conta 20 teatri, 11 membri onorari e 4 membri individuali, personalità di spicco dell’universo teatrale europeo.

I membri italiani dell’Unione sono: il Piccolo Teatro di Milano e il Teatro di Roma.

La Convenzione Teatrale Europea è un network creato nel 1988 al fine di promuovere lo scambio culturale tra i vari stati dell’Unione Europea, con particolare attenzione per il dramma contemporaneo e la mobilità degli artisti. La mission del network è chiaramente esemplificata sul sito della Convenzione. Si legge infatti: “Con progetti teatrali creativi e innovativi di grande qualità l’ETC cerca di riaffermare il ruolo del teatro, la sua intrinseca forza sovversiva per plasmare uno spazio pubblico europeo, che offra accesso alla cultura a tutte le generazioni. […]” La Convenzione conta ad oggi 40 teatri membri da 23 Paesi diversi.

I membri italiani sono: la Fondazione del Teatro Stabile di Torino, il Teatro Stabile di Genova, Cantieri Teatrali Koreja, Centro di Produzione Teatrale (Lecce) e la Fondazione Teatro Due (Parma).

Sembra quindi che, anche in un momento di crisi come questo, si possa sperare di vedere la luce alla fine del tunnel, sebbene questa sia ancora lontana e incredibilmente fioca. Ma non per questo bisogna darsi per vinti.

Magari questa luce può essere rappresentata dalla creazione di un modello teatrale europeo, che sia utile non solo al teatro in quanto istituzione ma anche e soprattutto a chi il teatro lo frequenta.

Penso che potremmo vedere questa possibilità come un modo per uscire dai nostri gusci e andare alla scoperta dell’“altro”, anche se questo “altro” magari dista da noi solo una manciata di chilometri.