Presentazione (o dichiarazione di poetica)

Claudio Calafiore

Fare teatro non ha mai significato solo recitare su di un palco.

Fare teatro è molto di più. Vuol dire conoscere, studiare, vivere il teatro come ambiente e come idea, sentirsi parte di uno dei più longevi e importanti mezzi di diffusione culturale mai esistiti.

Significa anche conoscere le radici di ciò che si sta facendo, conoscerne il presente per capire quale sarà il suo futuro. O quanto meno provarci.

Fin dai suoi esordi, il teatro ha occupato un posto di rilievo nella vita dei singoli uomini e delle comunità umane: dalla polis ateniese ai Misteri medievali, da Shakespeare al Living Theatre tutte le società si sono affidate al teatro per cercare, o creare, un fondamento comune, un collante, qualcosa che facesse sentire gli uomini e le donne come parte della stessa storia.

Il teatro è portatore di un messaggio non solo sociale, ma anche politico, ideologico e comportamentale e il suo utilizzo come mezzo di diffusione delle idee si ritrova in tutti i grandi eventi storici dall’epoca di Pericle in poi.

Ciò resta vero anche nell’epoca del Web 2.0, sebbene ormai di teatro si parli fin troppo poco, e sebbene la diseducazione teatrale di nuove e vecchie generazioni sia ora un dato certo: nonostante questo e nonostante i numeri della partecipazione ad eventi di natura teatrale siano diminuiti non di poco il teatro continua ad essere sentito come parte importante del vivere civile e continua ad essere amato dal pubblico.

Ciò che non cambia è l’impatto, quasi sempre inconsapevole, che il teatro ha sulla vita quotidiana di tutti noi.

Due grandi pensatori del Novecento del calibro di Erving Goffman e Jean Duvignaud hanno basato le loro teorie sulla considerazione che la forma teatrale teorizzata nel V secolo a.C. sia la base su cui noi tutti costruiamo le interazioni sociali del nostro quotidiano.

E questo è solo un esempio.

In una recente intervista a La Stampa Gabriele Lavia, alla domanda sul perché le persone continuino ad amare il teatro, risponde:

“La gente lo ama perché è la più antica e perfetta rappresentazione dell’uomo di fronte ad altri uomini, è lo specchio di chi guarda il mito di Dioniso che non si riconosce per quello che è. Il teatro sopporta bizzarrie, tentativi di inutili modernizzazioni perché l’essenza non cambia mai”.

Ritengo che per i teatranti parlare di teatro sia non solo un diritto, ma un dovere.

L’obiettivo che ci prefiggiamo con la pubblicazione di questi contenuti è quello di non solo fare teatro, ma parlarne e farne parlare, toccando temi relativi alla storia del teatro e alcune delle tematiche attuali di maggior rilievo.

In un’epoca in cui la tradizione va via via sfumandosi e in cui smartphone e grande schermo sembrano ormai aver preso il sopravvento sulla diffusione culturale, parlare di teatro, mantenere vivo il ricordo e l’amore verso questa forma artistica è sacrosanto. Ed è anche utile per tutti, perché, dopotutto, il mondo è e resta un palcoscenico.

Quindi, per dirla con le parole di Gigi Proietti:

“benvenuti a teatro, dove tutto è finto, ma niente è falso”.